Cassazione Civile Sez. II Sentenza Num. 24526 Anno 2022 Data pubblicazione: 09/08/2022
Interessante sentenza della Suprema Corte che nell’accogliere il ricorso di un condomino avverso al pronunciamento della Corte d’Appello di Bari che aveva respinto il ricorso dello stesso condomino contro le sentenza con cui in Tribunale di Andria lo aveva condannato ad eliminare il laboratorio di pasticceria realizzato nell’immobile di sua proprietà, ha fissato i criteri perché i vincoli di destinazione d’uso siano opponibili a terzi nel regolamento di condominio di origine contrattuale
Precedenti giuresprudenziali
Infatti la Corte afferma che-:“Non può che condividersi, allora, quanto affermato da autorevole dottrina, secondo cui il regolamento condominiale contrattuale puramente e semplicemente non esiste se non come formula verbale riferita ad una delle due possibili tecniche di formazione, piuttosto che alla sua natura. Per quanto d’uso giurisprudenziale corrente in materia, l’espressione “regolamento contrattuale”, se presa alla lettera, costituisce quasi un ossimoro e si presta, quindi, ad un facile equivoco. Questo consiste nel non considerare che il regolamento, ove disciplini anche altro che non sia l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese in maniera conforme ai criteri di cui agli artt. 1123 e ss. c.c., è in parte qua un contratto e non un regolamento, quale che sia la sua modalità di formazione, e cioè ad Corte di Cassazione – copia non ufficiale 12 di 23 opera del costruttore e con riproduzione negli atti di vendita delle unità singole oppure in base all’accordo specifico, consapevole e totalitario dei condomini tutti riuniti in assemblea. Ed essendo un contratto, esso deve corrispondere ad una tecnica formativa di pari livello formale e sostanziale, che si traduce in una relatio perfecta attuata mediante l’inserimento, all’interno dell’atto d’acquisto dell’unità immobiliare individuale, delle parti del regolamento aventi natura negoziale ed effetto limitativo della proprietà singola, non bastando, per contro, il solo rinvio al regolamento stesso
Omissis
Condizioni necessarie
In assenza di trascrizione, può essere sufficiente anche il solo contenuto dell’atto di vendita, ma alla duplice condizione che: a) esso sia corredato della specifica indicazione delle clausole impositive della servitù, essendo del tutto insufficiente, come s’è detto supra al par. 6.2., il mero rinvio al regolamento condominiale; e b) dette clausole siano ripetute nei successivi atti di trasferimento, poiché diversamente torna ad operare il limite dell’art. 1372 c.c. Non senza precisare, però, che in tal modo, atteso che il richiamo alla servitù diviene parte integrante di ogni Corte di Cassazione – copia non ufficiale 22 di 23 titolo d’acquisto della proprietà (dal primo ai successivi), tecnicamente non si può parlare di opponibilità della servitù, bensì dell’iterazione della sua preesistenza negli atti traslativi del medesimo bene immobile.”