Le spese successive al fallimento
Le spese successive al fallimento, non essendo ancora conosciute, non possono essere richieste con la domanda di insinuazione al passivo.
L’ammissione e il pagamento delle stesse, verrà disposto dal giudice direttamente su istanza del curatore, al quale l’amministratore di condominio, o il suo legale, comunicherà i vari riparti approvati dall’assemblea.
La legge di riforma del condominio, n. 220/2012, ha stabilito che sia le spese di manutenzione ordinaria che straordinaria, e quelle relative alle innovazioni, sono da ammettere nella procedura fallimentare come prededuzioni: il che significa che la procedura fallimentare dovrà pagarle prima di pagare qualunque altro credito, per quanto privilegiato.
La sentenza dichiarativa di fallimento
La sentenza di fallimento, fa si che il curatore si sostituisca al condomino fallito, nell’esercizio dei diritti e dei doveri inerenti la proprietà dell’immobile condominiale, di conseguenza sarà il curatore ad essere convocato in assemblea, con il relativo diritto di voto; potrà inoltre impugnare le delibere assembleari e sarà tenuto al pagamento della sua quota di spese di gestione successiva alla dichiarazione di fallimento.
Chi acquista l’appartamento del fallito, e subentra nel diritto di proprietà, sempre che l’ordinanza di vendita non escluda il regresso, sarà tenuto al pagamento dei contributi non corrisposti dal fallito al condominio per quanto riguarda l’anno in corso, e quello precedente ai sensi dell’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione.
Fino alla conclusione della procedura, in nessun caso l’amministratore potrà agire con decreto ingiuntivo per quanto riguarda la riscossione dei contributi relativi alla proprietà dell’immobile sottoposto a fallimento.
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